In questo articolo vi parliamo dell’eruzione del 2002, un evento straordinario in cui due sistemi eruttivi sono attivi allo stesso tempo, uno sul versante sud e uno sul versante nord dell’Etna.

È passato poco più di un anno dalla spettacolare eruzione del 2001 e il 26 ottobre del 2002 si riaprono le danze.

In serata, alcuni sciami sismici si verificano nell’area dei crateri sommitali e sul versante nord-orientale, danneggiando le strutture vicine alle stazioni sciistiche di Etna Nord. Poche ore dopo, sul versante sud dell’Etna, a sud del rifugio Torre del Filosofo, si aprono due gole a 2750 metri di altitudine. Fontane di lava alte da 100 a 200 metri segnalano l’inizio di una nuova eruzione.

Alle prime ore del mattino si apre un’altra bocca poco più in basso e quasi contemporaneamente si apre una lunga serie di fratture sul versante nord, esattamente lungo la Faglia della Pernicana o Rift di Nord-Est.

Evento straordinario, a oltre 5 chilometri di distanza tra loro sono attivi due sistemi eruttivi, uno sul versante sud e uno su quello nord, incredibile, sembra che “a Muntagna” si stia letteralmente spaccando in due.

L’attività sul versante nord

Sul lato nord, una serie di fratture si distribuisce lungo una linea di proporzioni impressionanti, tra i 2050 e i 2470 metri di altitudine, per una lunghezza di circa tre chilometri. Poco dopo le 4:00 si contano fino a 25 pennacchi di fumo provenienti dal crinale a ovest di Piano Provenzana tra bocche più o meno grandi. Una fessura nel terreno di queste dimensioni, formatasi esattamente sulla faglia nord-orientale, costituisce una via d’uscita molto facile per la lava, che di conseguenza si è mossa molto rapidamente.

Le prime colate laviche si diramano da un trabocco lavico a metà circa della linea delle fratture, a quota 2350 m, da qui attraversa le piste da sci e raggiunge il polo turistico di Etna Nord. Anche dalla parte più bassa della frattura si origina una colata di dimensioni impressionanti, i fiumi di lava si diramano in varie direzioni, ma tra i tanti purtroppo, quello che incontra il percorso migliore, e quindi procede più velocemente, è quello che si dirige verso Piano Provenzana, e così in sole 10 ore vengono spazzati via l’albergo Le Betulle e decine di negozi di souvenir.

Hotel Le Betulle, completamente distrutto dalla lava nel 2002

Questo è tutto ciò che rimane oggi dell’Hotel Le Betulle, a due piani.

Gli uomini della Protezione Civile possono solo assistere impotenti all’avanzare inesorabile della colata lavica, che divora tutto ciò che incontra; possono solo contenere i vari incendi che si sviluppano nella Pineta Ragabo, che alla fine dell’eruzione avrà perso 250 ettari di pini larici dell’Etna (Pinus Nigra Larix).

La colata lavica che ha distrutto l'intero centro turistico di Piano Provenzana nel 2002

Nella foto qui sopra si vede la colata lavica che nel 2002 ha distrutto l’intero centro turistico di Piano Provenzana. Il nuovo centro è stato successivamente ricostruito sulla colata lavica.

Durante l’attività si inizia già a delineare quella che sarà poi chiamata la Bottoniera del 2002, una fantastica fila di crateri allineati sul Rift di Nord-Est, o Faglia della Pernicana, inserendosi prepotentemente tra le molte bottoniere che nei secoli si sono formate su questo travagliato pendio.

L’attività prosegue a un ritmo notevole per 10 giorni, circa un chilometro al giorno, che preoccupa la popolazione della cittadina di Linguaglossa; vengono costruite alcune dighe per cercare di rallentare l’avanzata della lava, ma senza molto successo. Ne fu costruita un’altra a 1100 m e si sperava che potesse salvare la città deviando il flusso lavico verso nord-ovest.

Il 7 novembre la lava beffardamente arresta la sua avanzata una cinquantina di metri prima dell’argine artificiale appena realizzato, risparmiando quindi tutte le coltivazioni a valle e le aree urbanizzate distanti circa 5 chilometri.

Attività sul versante sud

Sul versante meridionale, non solo le fontane di lava sono uno spettacolo, ma c’è anche un’attività freatomagmatica esplosiva (la lava entra in contatto con l’acqua, che si riscalda improvvisamente e moltiplica così il suo volume). Le colonne di cenere si alzano verso il cielo nei giorni successivi e vengono trasportate dai venti. Iniziano a formarsi le prime colate laviche che proseguono verso sud in direzione del Monte Nero degli Zappini.

Terremoto del 29 ottobre 2002 o terremoto di Santa Venerina

La mattina del 29 ottobre, oltre alle eruzioni in corso su entrambi i versanti, si verificano 51 eventi sismici. La più forte, con una magnitudo di 4,4 sulla scala Richter, ha avuto il suo epicentro a Santa Venerina, dove ha causato ingenti danni. Rientrano nella sua sfera di influenza anche i comuni di Zafferana Etnea, Milo, Sant’Alfio, Acireale. Fortunatamente non ci sono vittime. La Protezione Civile sta lavorando per affrontare l’emergenza, allestendo tendopoli e mettendo in sicurezza le strutture pericolanti.

Il 29 ottobre non è un buon giorno per la popolazione di gran parte della Sicilia orientale. Sembra che l’Etna voglia seppellire Catania e parte del Mediterraneo. La colonna di cenere si innalza per circa 12 km, i venti in quota provenienti da nord la trasportano verso sud, in direzione di Catania, Malta, le isole greche e le coste della Libia.

I paesi dell’Etna e Catania sono alle prese con una pioggia di cenere che ricopre ogni cosa, dai tetti delle case alle coltivazioni di ortaggi, dalle strade alle spiagge. I danni in agricoltura sono ingenti, ma anche in città la situazione non è facile. La cenere ricopre tutto, ostruisce i tombini e le grondaie, le strade sono molto colpite perché la sabbia rende la strada scivolosa. La popolazione è costretta a usare ombrelli, cappelli, maschere per coprire naso e bocca, l’aeroporto di Catania è chiuso e il traffico aereo è sospeso o deviato in tutta la zona, sembra un’apocalisse.

Nei giorni a seguire la produzione di cenere inizia a diminuire sensibilmente, il 31 ottobre i venti iniziano a sospingere la cenere verso nord-est provocando la chiusura dall’aeroporto di Reggio Calabria.

Per circa 10 giorni prosegue sia l’attività esplosiva delle bocche di quota 2750 m ma le colate laviche iniziano a rallentare la loro corsa.

Il 12 novembre rallenta l’emissione di cenere e l’attività esplosiva diventa prevalentemente di tipo stromboliano.

Il 13 novembre un aumento del tremore vulcanico preannuncia la formazione di una nuova bocca eruttiva ai piedi del cono di scorie, a quota 2700 m che da origine ad una nuova colata lavica.

Il 15 novembre si verifica l’apertura di una bocca effimera che alimenta maggiormente la colata che raggiunge quota 2180 m, ma l’emissione di cenere continua ancora dalla bocca di quota 2750 m.

Il 21 novembre si è aperta un’altra voragine, facendo temere il peggio per il cuore del centro turistico Etna Sud, tanto da richiedere l’intervento dell’esercito. In collaborazione con alcune aziende private, sono state costruite delle dighe, come gli argini di un fiume ma in questo caso fatte di lava, per proteggere gli edifici che sono stati risparmiati dall’eruzione del 2001: il Rifugio Sapienza, la stazione della funivia e il centro servizi del Comune di Nicolosi.

A 23. e Il 24 novembre sono stati registrati altri sciami sismici intorno all’area eruttiva e sono state riattivate due bocche che si erano formate all’inizio dell’eruzione e che poi avevano cessato la loro attività. Il fronte lavico raggiunge un’altezza di 1900 m.

A fine novembre la colata scende a quota 1800 m e procedendo in mezzo alla vegetazione provoca parecchi incendi.

A dicembre, i flussi avanzano lentamente fino al 10° giorno, mentre l’emissione di cenere dal cratere continua ad un’altitudine di 2750 metri. Alla sua base, due bocche effusive si aprono e formano un nuovo torrente. Nel frattempo, l’attività stromboliana del cratere continua a 2800 metri.

Il 12 dicembre le colate laviche raggiungono la parte terminale delle piste da sci nei pressi del Rifugio Sapienza.

La notte del 16 dicembre la lava riesce a tracimare l’argine e distrugge il centro servizi di Nicolosi e il ristorante Esagonal.

Nel periodo seguente continuano ancora le esplosioni di cenere dal cratere di quota 2750 m e l’attività effusiva, ma lentamente il tutto va scemare e si esaurirà nell’arco di un mese e mezzo, fino a concludersi il 29 gennaio 2003.

L’emissione di cenere lavica e lapilli di questa eruzione è stimata in circa 160 milioni di metri cubi. I crateri formatisi sul lato meridionale sono chiamati crateri di Barbagallo. Oggi sono alte poco meno di 3000 metri. Purtroppo anche il famoso rifugio di Torre del Filosofo ha pagato a caro prezzo la formazione di questi nuovi crateri del Barbagallo. È completamente sepolta dalle macerie e solo una piccola parte dell’antenna rimane visibile, almeno per qualche anno ancora.

Ma questa è un’altra storia…

Barbagallo-Krater

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