Da 1 a 4 crateri in soli 100 anni

L’Etna è il più grande vulcano attivo d’Europa, con una superficie vulcanica di 1250 chilometri quadrati e un diametro di 45 km da est a ovest e di ben 65 km da nord a sud. Il vulcano ha una forma unica e caratteristica, non solo perché mostra alcuni segni delle sue fasi evolutive da diversi lati, ma soprattutto per la grande depressione sul lato orientale: la Valle del Bove.

Ad oggi alla sua sommità presenta tre coni ben distinguibili, due dei quali si sono formati nell’arco di solo cento anni: il Cratere di Nord-Est (1911), i crateri Voragine (1945) e Bocca Nuova (1968) che si trovano dentro il vecchio Cratere Centrale, e il Cratere di Sud-Est (1971) la cui porzione orientale è costituita dal materiale fuoriuscito dal condotto del Nuovo Cratere di Sud-Est.
Poco più di cento anni fa, fino al 1911, sulla vetta dell’Etna esisteva un solo cratere centrale, con un grande cono alto 250 m e un’apertura di oltre 500 m di diametro; sorgeva tra il Piano delle Concazze a nord-est e il Piano del Lago a sud. Ma dal 1911 in poi nulla fu più come prima.

Nella primavera del 1911 lungo il Rift di nord-est si formarono diverse fratture tra quota 2000 m e 3000 m s.l.m. e il 27 maggio a nord-est del Cratere Centrale a circa 3100 m si aprì un grande sprofondamento che nelle settimane a seguire fu interessato da una blanda attività vulcanica e nel mese di agosto iniziò ad intensificarsi leggermente.
Solo a partire dal 9 settembre dello stesso anno, insieme all’intensa attività sismica, è iniziata anche l’attività stromboliana, che ha dato inizio alla formazione del nuovo cono cenerino. Il materiale ricaduto dalle fontane di lava alte due chilometri ha iniziato a formare la struttura del nuovo cono indipendente.
Questa fase particolarmente violenta è durata fortunatamente solo 13 giorni ed è stata accompagnata dall’emissione di grandi quantità di cenere dal cratere centrale e dall’apertura di una miriade di fratture sparse lungo la Faglia Pernicana o il Rift di Nord-Est. In corrispondenza di queste fratture, 16 bocche si sono aperte in soli due giorni, il 10 e l’11 settembre, il 12 settembre ben 30 erano attive contemporaneamente, e i rilevamenti dopo la fine dell’eruzione ne hanno contate un centinaio, raggruppate principalmente lungo sette linee di faglia.

Il 22 settembre, l’eruzione si è interrotta bruscamente, cessando ogni attività in modo repentino, indicando il rischio di una pericolosa e violenta recidiva. Solo il 3 maggio 1923, però, il Cratere di Nord-Est tornò a far tremare gli abitanti del versante settentrionale dell’Etna, con un’eruzione che aprì nuovamente diverse fratture lungo l’asse del Rift di Nord-Est e produsse pericolose colate laviche che si arrestarono a 600 m di quota dopo aver distrutto alcune zone di Linguaglossa.

Nel 1950 il Cratere di Nord-Est inizia a subire dei crolli e al suo interno inizia a formarsi un ulteriore cono.
Nel 1960 iniziò una fase particolarmente vivace, con la formazione di diversi coni lungo i suoi fianchi, che culminò con la formazione del cratere Northestino nel 1970. Attraverso le varie fasi di crescita e la deposizione di materiale di ricaduta dell’attività stromboliana, il Cratere di Nord-Est ha gradualmente raggiunto un perimetro di 800 m e un’altezza di 3345 m sul livello del mare, diventando così il punto più alto dell’Etna nel 1978.

Negli ultimi decenni si è fatto spesso notare per il caratteristico pennacchio fumante, ma non è stato particolarmente attivo all’infuori dell’eruzione del 2016 che ha creato l’ostruzione del condotto e il crollo dell’orlo del versante sud.
Nel 2017 il suo fondo è sprofondato riaprendo il condotto e riprendendo la sua caratteristica fumata.
Fino al 2021, il cratere di nord-est era il più alto dei crateri principali dell’Etna, ma a causa di una serie di crolli del suo bordo negli ultimi decenni ora misura solo 3324 m sul livello del mare.

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